La scena si ispira al celebre prototipo della Liberazione di san Pietro della Stanza di Eliodoro in Vaticano affrescata da Raffaello, in particolare nella descrizione accurata dell’inferriata traforata e nel forte contrasto luministico creato dalla luce dell’angelo che squarcia le tenebre della prigione. Spiccano le preziosità di alcuni dettagli decorativi, come la corazza del soldato addormentato in primo piano, l’elmo dorato di quello alle spalle di san Pietro e il gioiello che arricchisce le vesti leggere dell’angelo. Il forte richiamo alla pittura raffaellesca testimonia la fortuna che il cantiere farnesiano della Rocca Paolina ebbe nella pittura perugina di metà Cinquecento; non a caso Orazio Alfani, autore delle Storie dei santi Pietro e Paolo, venne affiancato, in questa prima impresa per San Pietro (1547-1548), da Leonardo Cungi, un pittore della stretta cerchia vasariana.